lunedì, settembre 24, 2007

Il tempo è..

La matematica non è un opinione, ma il tempo è relativo, cos’è sta storia? Se il tempo sono dei numeri che scorrono, perché non sono logicamente uguali i lassi di tempo tra un ora e un'altra?
Si si lo so… argomento vecchio, ovvio e banale. Quando ci si diverte il tempo vola e quando ci si annoia il tempo non vola.
Ma vaffanculo!

Le fiere sono l’incentivo al suicidio di massa. Chiedono solo di essere bombardate da un terrorista del Tibet. Momenti della giornata nella quale rischi il crollo, perché è impossibile realizzare ciò che l’orologio segna.
Sostanzialmente la giornata si divide in 3 o se sei sfigato in 2 spazi di tempo.
Il primo è il migliore, e speri che sia quello che occupi la percentuale maggiore della tua giornata lavorativa. Sostanzialmente il tempo non è calcolabile. È uno spazio che salta da un numero ad un altro senza rendersene conto.
Poi ad un tratto, per un gesto involontario si controlla l’ora, il gesto ripeto è del tutto involontario.
Che ore sono? Vediamo un po’… mmm 12 e 23!
Inevitabilmente è iniziata la fase due, e puoi dire addio alla tua sanità mentale.
-che ore sono?
-le 12:30
-e ora?
-le 12:35
-e ora?
-le 12:37
e così via, fino a raggiungere la capacità di fare molte azioni, ritornare a sederti e vedere che il numero dei minuti è costante. Sostanzialmente hai la possibilità di vivere nell’infinitesimità del tempo, il che, lasciatemelo dire, è un concetto a dir poco senza senso.
La fase due può durare fino a fine giornata. Ma nelle migliori delle ipotesi si può rischiare di entrare nella fase tre, che sostanzialmente è la copia della uno, ma dopo la fase 2… tremendamente utile per potersi godere la serata.
Ed ora son qui, dietro al bancone, che aspetto l’ora di partenza. Sono 4 giorni che mi alzo alle 6:45, non pranzo e ceno verso le 22:30, e qualche volta dormo.
Insomma diciamo che potrei essere un po’ provato dalla fiera, eppure son bello arzillo, anche se è un ora che non passano questi fottutissimi venti muniti d’orologio.
Io, Alieno (sempre meno) in Parigi. Part one

Non parlerò mai il francese. Ho come dei sensi di conato quando sento i loro versi.
Quando si presentano e iniziano l’inutile turpiloquio che poi inevitabilmente fermo con un determinato “stop! I call a person for you (and your fucking friends)”, penso sempre che con molta probabilità capirei quello che dicono, come del resto quello che scrivono. Ieri sera, al classico ristorante dove le care bollette telecom paiono noccioline, ho preso in mano il menù una quindicina di volte. Inutile mentire... ci ho provato, ben 15 volte. E ho capito solo “carpaccio du thon”.
Quanto meno non avevo dubbi su cosa prendere. Peccato però…sono 3 anni che a Parigi vivo di tonno e avrei volentieri provato qualcosa di nuovo, ma l’imbarazzo di chiedere è troppo alto, troppo indecoroso per me. Si cerca quindi di captare le risposte in domande fatte da altri. Una tattica infallibile.
Presi quindi il tonno.
Tempo 23:30 e raggiungiamo l’hotel. Verso mezzanotte, tra un metrò e l’altro, presi sonno mentre trovavo la soluzione di vari problemi per poi dimenticarmene stamattina, quando, sempre tra un metrò e l’altro, uscì dal sonno.
L’albergo è piazzato sopra una linea del metrò. Iniziano presto e finiscono tardi, e hanno un ottima frequenza, quasi stressante…
Colazionato in anticipo rispetto al resto del gruppo, di circa 40 minuti, mi feci un giro per curiosare la Parigi mattutina, quella dei dormienti.
La camminata è buona, l’aria è fresca e le strade sono già piene di vita. I marciapiedi, larghi 3 o 4 metri sono percorsi da strani individui, ma gli sguardi si incrociano e conosci nuove persone, ti senti già a casa, in una frenesia ormai famigliare, come la ragazza che ha appena finito una telefonata animata in una rustica cabina telefonica, prese la propria borsa per poi scaraventarla a pochi metri da me, e tra un impreco e l’altro incrociarsi con gli sguardi e scambiarsi un pizzico di still life a testa, e così via, con altre persone che incontravo in strada. Una fusione, un modo tutto particolare di conoscersi e condividere l’attimo con qualcuno. Fantastica Paris di mattina.

venerdì, settembre 07, 2007

Ogni cosa a suo tempo.

Ogni generazione ha dei limiti concettuali che vengono inevitabilmente scavalcati dalle generazioni successive.
I passi non saranno certo ai livelli delle visione di P. K. Dick, ma l'avanzata tecnologica continua a sorprenderci e forse è questo che ci permette di continuare a sperare e non decidere di diventare eroi premendo il grilletto di una pistola puntata alla tempia. La speranza di un qualcosa, ed ogni volta che ci penso, comprendo come essa è stata sfruttata indebitamente, ma forse lecitamente dalla chiesa e altri movimenti religiosi che tentavano invane di concretizzare le speranze in sicurezze.
E non a caso mi ritrovo qui, a 23 anni, ore 00:02, in stato confusionale a scrivere e riflettere su queste inspiegabile se non quanto meno, banali teorie sulle quali milioni di persone ragionano, ma continuino a non far niente di concreto per uscire da quel guscio dentro in quale si può vivere, sperando, in un futuro migliore, che tanto non avremmo, e pur migliorando non avranno i nostri discendenti, che a loro volta miglioreranno ciò che gli abbiamo lasciato.
Delle redini senza cavalli e carrozze. Delle redini fantastiche che sentiamo di poter afferrare. Forse dovremmo fantasticare davvero come il signor Dick, invece di lasciarci passivamente trascinare dalle fantasie di altri e farle diventare nostre, sbagliate o giuste che siano. Ognuno di noi dovrebbe prendere in mano le proprie redini e farne ciò che vogliamo... o semplicemente...


mah.. forse


bahhh... vaffanculo

martedì, settembre 04, 2007

Coricarsi a letto per compiere l'ultimo atto giornaliero è sempre un piacere ed è sempre motivo di stupore accorgersi che il nostro corpo continua a funzionare senza sosta.

Fegato: "hei cuore, come butta?"
Cuore: "come vuoi che vada? si pompa di brutto."
Cervello: "Hei!" sbattendo la scopa sul pavimento "Smettetela con sto casino! qui c'è qualcuno che cerca di pensare"
Cuore rivolto al Fegato: "Che testa di cazzo..."
Pene: "Siii?"


Ma il Cuore continua a pompare, uno due, uno due, uno due, uno due... Mettendo la mano sul petto, i battiti sono amplificati tanto quanto basta per spaventarsi del laborioso compito affidatogli. Impressionante, alza e abbassa lo sterno a ritmo sostenuto, per poi rallentare quando ci si rilassa, ma continua, e sono costretto a togliere la mano dal petto, perché sentire andare su e giù il petto mi impaurisce, mi mette a disagio. E' una sensazione strana, completamente differente dagli altri stati d'angoscia.
E' un continuo chiedersi per quanto andrà avanti. Come fa ad andare avanti tanto tempo.
E' un po' come accorgersi che quel maledetto orologio a pendolo si è fermato, stupendosi del perché ma allo stesso tempo sentirsi a disagio per la mancanza di un suono familiare, ormai entrato nell'insieme chiamato esistenza.
Con la differenza che se si ferma il cuore... Muori, e con quello l'insieme che ti eri creato.

Cervello: "Allora? ma vuoi tacere per un istante cuore maledetto?"
Cuore: "Ehh, che due coglioni!"
Testicoli: "Siii?"
Cuore: "Ma chi cazzo vi ha interpellato a voi?"
Pene: "Io. problemi?"
Cuore: "...."
Reni in coro: "Allora? la smettete? non si riesce più a lavorare in queste condizioni. Basta"

Allorchè tutti quanti intrapresero una lunga discussione, e tra le convulsioni del corpo intero, finì che il Cuore si innervosì a tal punto che decise di scioperare.

Cuore: "EH EH EH e adesso come farete senza le mie pompe?"
Organi vari: "Ehm... " - "Coff Coff"
Il cervello si permise di ridere.

All'improvviso una scarica elettrica percosse tutti quanti, e più di tutti il Cuore, che alla seconda decise di riprendere a pompare e sperare che queste frustate finissero.
Pompò come mai aveva pompato, con rigoglio e con dispiacere da parte del Cervello, che aveva avuto decisamente una giornata stressante.

Aimè io mi sto per addormentare, e non mi resta altro che salutarvi prima che l'incoscienza mi prenda del tutto. Spero di non...